CONDOMINIO E RAPPORTO FIDI LAVORO SUBORDINATO

18/03/2014 – Articolo

 

Corte di Cassazione, 9 gennaio 2014, n. 5297

L’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato può affermarsi per fatti concludenti anche nei confronti di un soggetto privo di personalità giuridica come il condominio.

L’assemblea dei condòmini ha il potere di prestare direttamente il proprio consenso alla conclusione di un contratto non essendo previsto alcun divieto al riguardo nella disciplina del condominio e non sussistendo alcun impedimento tecnico-giuridico per un’efficace manifestazione di volontà negoziale da parte dell’assemblea stessa.

 

Il caso

Con la sentenza in esame la Suprema Corte si è occupata di una controversia promossa da due lavoratrici che, dopo aver svolto attività di portierato per circa dodici anni in favore di un condominio, sono state licenziate senza riconoscimento alcuno dei diritti conseguenti alla cessazione del rapporto di lavoro di tipo subordinato.

Secondo il condominio resistente l’infondatezza della domanda di accertamento del rapporto di lavoro subordinato doveva desumersi innanzitutto dall’impossibilità di individuare la persona fisica che avrebbe assunto l’obbligo nei confronti delle lavoratrici e, in secondo luogo, dall’invalidità delle delibere assembleari di assunzione delle stesse in ragione dell’assenza di personalità giuridica dell’ente condominiale. Il condominio, inoltre, sosteneva non essere rilevanti, ai fini dell’accertamento del rapporto di lavoro, i verbali delle assemblee condominiali mancando la prova della percezione di compensi e la sottoposizione alle direttive datoriali.

L’assunto del condominio resistente trovava accoglimento nei precedenti giudizi di merito che avevano escluso la possibilità di configurare il rapporto di lavoro in ragione della mancata indicazione, da parte delle ricorrenti, della persona che avrebbe concretamente assunto le lavoratrici.

La decisione

Il Giudice di legittimità, sovvertendo completamente le decisioni dei giudici di merito, afferma che l’assemblea condominiale – oltre ad avere il potere di delegare l’amministratore a concludere un determinato contratto – può anche agire in proprio, prestando direttamente il consenso alla conclusione di un contratto «non essendo previsto alcun divieto al riguardo nella disciplina del condominio e non sussistendo alcun impedimento tecnico-giuridico per una efficace manifestazione di volontà negoziale da parte dell’assemblea». La Corte giunge a tale conclusione attraverso una valutazione dei fatti concreti quali l’occupazione dell’alloggio condominiale, la continuità della prestazione, l’inserimento stabile nella struttura datoriale, l’assenza del rischio d’impresa e «l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore, esercitato mediante il controllo dei singoli condomini». Rileva, afferma ancora la Corte, in questo contesto, la circostanza che l’alloggio messo a disposizione dal condominio si presume che sia la dimora di chi in quel palazzo lavora come portiere, svolgendovi anche un’attività di custodia e di vigilanza.

avv. Claudio Belli